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lunedì 21 novembre 2011

Ipnosi e dintorni: ipnostisti e professionisti



Ipnotisti è possibile trovarne molti ai nostri giorni. Daltronde la legge italiana non ha mai del tutto regolamentato l'ipnosi, e quindi diciamo che è mercato libero, fino ad un certo punto.

La trance, poi, è uno stato naturale della mente e molti dei fenomeni della trance si sperimentano spontaneamente e naturalmente nel corso della giornata. Infatti l'ipnosi altro non è che la procedura per indurre uno stato di trance volontario (in primis dell'ipnotizzato, che deve essere volente a farsi ipnotizzare per avere una maggiore probabilità di sperimentare la trance!). 



Ma allora, perchè la necessità di rivolgersi ad un professionista se la trance è qualcosa di spontaneo
Perchè sono proprio gli automatismi del corpo che offrono i maggiori pericoli e rendono maggiormente vulnerabili: se non si è consapevoli di cosa succede in modo automatico, e cosa più importante, se chi pratica l'ipnosi non è sufficientemente preparato per gestire diverse situazioni, specialmente quelle che di ordinario hanno poco.
Basta pensare che è facile passare attraverso una porta automatica che si apre non appena il sensore percepisce una massa tale da far scattare l'apertura. Difficile entrare invece in una porta che richiede un codice o un tesserino che identifica. Non è il caso, quindi, di selezionare a chi dare l'accesso alle proprie memorie, ricordi ed emozioni?


Qualsiasi seduta di ipnosi è terapeutica?
Non più di una dormita! Vero che una buona dormita porta ristoro e riattiva l'organismo, ma dormire non è la soluzione a tutti i problemi. 
Anche se non tutti sono concordi sull'affermazione che l'ipnosi di per sè è terapeutica, l'APA (American Psychological Association) definisce l'ipnosi come una procedura che non è di per sè terapeutica (http://www.apa.org/topics/hypnosis/media.aspx# a pagina 4), ma che è di sostegno ad altre fomre di psicoterapia. Infatti si parla di Ipnosi Clinica.


Come evidenzia il prof. Camillo Loriedo nell'articolo dell'Unione Sarda, un conto sono risultati che hanno lo scopo di stupire e di evocare fenomeni che posso essere interpretati in modo non corretto, ed un conto è utilizzarla all'interno di un percorso di psicoterapia o di esplorazione della mente e delle sue capacità. E' per questo che è importante conoscere il fine dell'esperienza ipnotica e la qualifica di chi utilizza l'ipnosi.


Prof. Camillo Loriedo (centro), Prof. Piermario Pedone (destra) e Dott. Fernando Bellizzi (sinistra) al convegno ISH a Roma nel 2009



Link Società Italiana di Ipnosi (SII) e Scuola Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana (SIIPE) 
Link International Society of Hypnosis
Link articolo Unione Sarda

martedì 26 aprile 2011

Ipnosi e problemi medici

Interessante articolo sul New York Times sull'uso dell'ipnosi in medicina.
Nell'articolo si descrive la storia di una donna che ha subito diversi interventi chirurgici per tumore al cervello. L'ultimo intervento però è stato preceduto da una training ipnotico preparatorio che ha avuto come effetto positivo il rapido recupero post operatorio.
Si legge nell'articolo, che questa volta la paziente ha stupito il neurochirurgo per la rapidità della ripresa, ma anche per il minor dosaggio di farmaci necessario sia nella fase pre-operatoria che in quella post-operatoria.
La pratica dell'autoipnosi ha aiutato a rilassare la paziente ed a gestire l'ansia, e di conseguenza la paziente era meglio predisposta all'intervento.
L'articolo è arricchito da citazioni di esperti del settore che lavorano in prestigiosi istituzioni, come il Dr. David Spiegel, direttore del Centro sullo stress e la salute della Scuola di Medicina della Stanford University.
L'ipnosi viene inoltre utilizzata in diversi centri medici all'avanguardia come lo Stanford Hospital, la clinica di Cleveland, Mount Sinai Medical Center e Beth Israel Medical Center di New York.
Certo, nell'articolo si vieni messi in guardia sul fatto che l'ipnosi è un potente strumento paragonabile al bisturi del chirurgo, per cui la differenza è nella preparazione e nella professionalità di chi utilizza lo strumento.


Link all'articolo del New York Times